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Il nome di Albert Einstein non ha certo bisogno di presentazioni ed il suo nome è spesso usato come sinonimo di genio. Sulla sua figura girano innumerevoli storie, alcune vere, come il fatto che gli fu offerta la presidenza di Israele, altre false, come il fatto che andasse male a scuola.
Se analizziamo meglio la sua vita scopriremo però che per molti anni Einstein non è riuscito ad ottenere i risultati sperati e ha dovuto affrontare diverse difficoltà sia nel suo percorso di studi sia in quello lavorativo.
Nel quinto episodio del mio podcast Percorsi Complessi racconto il percorso che portò Einstein al suo “anno straordinario”.
La storia di Einstein ci mostra l’importanza dell’immaginazione anche in materie che sembrano richiedere rigore scientifico e non fantasia. Eppure tramite l’immaginazione, unita alle sue conoscenze della materia Einstein riuscì a sviluppare la teoria della relatività e sviluppo altre teorie, successivamente verificate, che nessun altro aveva compreso prima.
Per farlo la perseveranza è stata un fattore chiave poiché Einstein ha proseguito nei suoi studi, nei suoi esperimenti tramite l’immaginazione e nelle sue ricerche anche quando i risultati non sono stati quelli attesi.
La perseveranza è un elemento importante in molte storie ma viene spesso tralasciata e non raccontata. Spesso mi chiedo perché avvenga e a volte ho l’impressione che non sia più di moda e che molti preferiscano raccontare come abbiano avuto successo dall’oggi al domani tralasciando tutti i fallimenti, gli anni di preparazione o le altre esperienze che hanno reso possibile il loro successo.
Nel podcast cerco invece di concentrarmi su quello che c’è dietro cambiamenti improvvisi, innovazioni radicali e altri successi perché sono convinta che, salvo rari casi di pura fortuna, il successo sia quasi sempre legato ad impegno e perseveranza, anche prendendosi dei rischi.
In alcuni casi l’impegno è direttamente legato ad una passione, come nel caso di Einstein, in altri casi è legato a valori personali come ad esempio nel caso dei Salgado o a motivazioni personali come nella storia di Roald Dahl.
Nel caso di Einstein certamente il suo successo si basa anche sulla sua propensione per le materie scientifiche come la matematica e la fisica ma queste sono solo parte della storia.
Einstein sin da giovane osserva il mondo e ben presto si convince che tutto in natura possa essere spiegato tramite la matematica.
Un episodio che egli stesso riporta è quello in cui da bambino suo padre gli regalò una bussola tascabile e lui rimase affascinato da come l’ago della bussola, senza che nulla lo toccasse, puntasse sempre verso nord.
Einstein quando aveva 15 anni aveva lasciato la scuola a cui era stato iscritto dal padre perché troppo limitante a causa delle tecniche di insegnamento legate all’apprendimento mnemonico. Aveva poi provato ad entrare alla scuola politecnica di Zurigo a soli 16 anni e senza nemmeno il diploma.
Fu bocciato nel test di ingresso a causa dei suoi risultati in francese ma ottenne ottime valutazioni in matematica e fisica.
Da dove nasce allora il mito che Einstein andasse male a scuola? Vediamo la sua pagella.
Questa è la pagella di Albert Einstein dell’Ottobre 1896 alla Old Cantonal School Aarau subito prima di sostenere nuovamente il test di ingresso alla scuola politecnica di Zurigo.
Vediamo i voti di Einstein:
Tedesco 5;
Francese 3;
Italiano 5;
Storia 6;
Geografia 4;
Algebra 6;
Geometria 6;
Geometria descrittiva 6;
Fisica 6;
Chimica 5;
Storia Naturale 5;
Educazione tecnica 4.
Se utilizziamo la scala italiana in decimi questi voti sembrano estremamente bassi e non in linea con il genio di Albert Einstein.
Ma Einstein fece gli studi superiori in Svizzera e in quell’epoca i voti erano espressi nella scala da 1 a 6 così suddivisi:
6 – Molto buono
5 – Buono
4 – Sufficiente
3 – Insufficiente
2 – Scarso
1 – Molto scarso
Einstein aveva quindi il massimo dei voti in Algebra, Geometria, Fisica e Storia e voti molto buoni nelle altre materie (tranne francese).
Questa pagella è quella della Old Cantonal School di Aarau, la scuola che gli fu consigliata per diplomarsi dal rettore della scuola Politecnica di Zurigo. All’epoca era considerata una delle scuole migliori della Svizzera con metodi di insegnamento all’avanguardia ideati da Johann Pestalozzi tra cui anche i metodi di visualizzazione per risolvere i problemi tramite l’immaginazione.
Fu proprio in quegli anni che, come ci racconta nella sua autobiografia, iniziò a interrogarsi sulla velocità necessaria a viaggiare su un raggio di luce e ci lavorò con immaginazione e visualizzazioni. Questa fu una delle prime domande che lo portò 10 anni dopo a sviluppare la teoria della relatività.
Il 1905 fu l’anno straordinario di Einstein ma i veri riconoscimenti arrivarono solo nel 1919 quando alcuni ricercatori della Royal Society pubblicarono una ricerca empirica a supporto della sua teoria e la notizia fu rilanciata su “The Times” facendolo diventare la prima superstar della scienza.
Il premio Nobel per la fisica per la sua ricerca del 1905 gli fu invece assegnato solo nel 1921 (e consegnato nel 1922) ben 16 anni dopo la pubblicazione della sua ricerca.